“Tutto è uno” di Michael Talbot è un libro che ho letto diversi anni fa, ma che non disdegno rileggere con piacere, e che ritengo straordinario ed affascinante sotto diversi punti di vista.
Tutto si basa sull’ipotesi di un fisico quantistico David Bohm e un neurofisiologo di Stanford, Karl Pribram, di supporre che l’intero universo (quindi anche noi che ne facciamo parte) sia organizzato come un ologramma in cui ogni parte contiene il tutto.
Questo rivoluzionario modo di vedere le cose riuscirebbe a spiegare moltissimi aspetti che la scienza ufficiale non riesce a comprendere a fondo come: la telepatia, le esperienze premorte ed extracorporee, le guarigioni miracolose e altri mille aspetti sconosciuti.
Questo rimette completamente in discussione chi o cosa siamo realmente.
Per farvi un esempio eccone un piccolissimo estratto, ma se questi aspetti vi incuriosiscono è sicuramente un libro da non perdere.
Buona lettura
Le convinzioni che esprimiamo attraverso il potere della nostra volontà
I tipi di convinzione che abbiamo esaminato finora possono essere considerati in gran parte come certezze passive, convinzioni che permettiamo alla nostra cultura o al nostro normale stato di pensiero di imporre su di noi.
La convinzione conscia, sotto forma di volontà inflessibile e ferma, può anche essere usata per scolpire e controllare il corpo olografico.
Negli anni Settanta, Jack Schwarz, un autore e conferenziere di origine olandese, sbalordì i ricercatori dei vari laboratori statunitensi con la sua capacità di controllare intenzionalmente i processi biologici interni del su corpo.
In ricerche condotte presso la Menninger Foundation, il Langley Porter Neuropsychiatric Institute della University of California ed altri istituti di ricerca, Schwarz stupì i medici trapassandosi le braccia con enormi aghi da velaio lunghi sei pollici senza sanguinare, senza esitare e senza produrre onde cerebrali beta (il tipo di onde cerebrali normalmente prodotte quando una persona soffre).
Nemmeno quando gli aghi gli furono estratti Schwarz sanguinò, e i fori delle punture si chiusero perfettamente. Inoltre, Schwarz alterò i ritmi delle sue onde cerebrali a proprio piacimento, mise sigarette accese a contatto con la propria pelle senza bruciarsi e tenne perfino la brace fra le mani.
Egli dichiara di avere acquisito queste capacità quando si trovava in un campo di concentramento nazista e aveva dovuto imparare a controllare il dolore per poter resistere alle terribili punizioni alle quali veniva sottoposto.
Egli crede che chiunque possa imparare a controllare volontariamente il proprio corpo e quindi acquisire piena responsabilità nei confronti della propria salute.
Stranamente, nel 1947, un altro olandese mostrò simili capacità.
Il suo nome era Mirin Dajo, e in prestazioni pubbliche al Teatro Corso di Zurigo sbalordì gli spettatori. Di fronte a tutti, Dajo si fece trafiggere il corpo da un assistente con un fioretto da scherma, che chiaramente passava attraverso organi vitali, ma senza causare a Dajo ferite o dolore.
Come Schwartz, quando il fioretto fu estratto, Dajo non sanguinò, e solo una linea rossa appena percettibile segnava il punto dove il fioretto era entrato e uscito.
L’esibizione di Dajo si rivelò talmente snervante per il pubblico che alla fine uno spettatore fu colpito da infarto, e Dajo fu legalmente interdetto dall’esibirsi in pubblico.
Tuttavia, un medico svizzero di nome Hans Naegeli-Osjord sentì parlare delle presunte capacità di Dajo e gli chiese se si sarebbe sottoposto a un minuzioso esame scientifico.
Dajo acconsentì e 31 maggio 1947 entrò nell’ospedale cantonale di Zurigo. Oltre al dottor Naegeli-Osjord, fu presente anche il dottor Werner Brunner, il capo chirurgo dell’ospedale, come pure numerosi altri dottori, studenti e giornalisti.
Dajo denudò il proprio torace e si concentrò, e poi, in piena vista dell’assemblea, si fece trafiggere dal suo assistente con il fioretto. Come sempre, non sanguinò e rimase completamente a suo agio. Ma era l’unico a sorridere. Il resto degli astanti era pietrificato. A pieno diritto, gli organi vitali di Dajo avrebbero dovuto essere seriamente danneggiati e la sua apparente buona salute era quasi troppo per essere tollerata dai dottori.
Al colmo dello scetticismo, chiesero a Dajo se si sarebbe sottoposto a una radiografia. Egli acconsentì e, senza sforzo visibile, li accompagnò al piano superiore dove era la sala di radiologia, con il fioretto ancora conficcato nell’addome. La radiografia fu eseguita e il risultato fu innegabile.
Dajo era veramente trafitto.
Infine, almeno venti minuti dopo essere stato perforato, il fioretto gli fu rimosso, lasciando solo due cicatrici quasi impercettibili.
Successivamente, Dajo fu studiato da alcuni scienziati a Basilea e permise perfino ai dottori stessi di trafiggerlo con il fioretto.
Il dottor Naegeli-Osjord riferì poi l’intero caso al fisico tedesco Fred Stelter, che ne parla nel suo libro Psi-Healing.